Devo assolutamente raccogliermi e raccogliere le emozioni di questo agosto bianconero. Ci vorrebbe il mare per contenerle. Ma io ci provo.
Ho lasciato il ritiro di Arta direzione preliminari, primo round: facile vittoria in Bosnia e al Rocco in una serata da bagno turco. Il giorno dopo sono partita per trovare un approdo alle mie inquiete ore di estate, direzione isola del sud profumata di origano, di mare e di notti di cicale. Ho staccato la testa, ho tolto le mani dalla tastiera, mi sono svuotata di pensieri trafficosi per riempirmi di pace e di vita vera. Silenziosa, parlata, guardata, ascoltata.
Sono rientrata giusto giusto per festeggiare i miei banali quarant’un anni ( meglio i rotondi quaranta)con la mia gente bianconera: due corriere di Zebrette del Friuli cariche di passione e di aspettative rientrate però mestamente e zittite da tre sberle ceche in terra triestina. Non è questo ciò che mi aspettavo. Io volo sempre alto con speranze e sogni. Non è questo ciò che mi aspettavo. Delusione, senso di sbigottimento, nuvolone nero che minaccia il sole che mi ero immaginata. Sbagliare è umano ma perseverare è peccato. Udinese, non puoi tradirmi, io investo tutto su di te!
Piuttosto che cedere all’arrendevolezza decido di salire su un’altra corriera, direzione Repubblica Ceca. Stavolta il viaggio è lungo, eterno all’andata, spassoso e costellato di risate continue per tutti i tre giorni. Più che un pullman di tifosi inquieti sembravamo una classe in gita scolastica. Sguardi furbetti, sacchetti di caramelle, acquisto di souvenir, canzoni cantate a squarciagola, pantomime e commedie, prese in giro, foto, abbracci. Nella mia vita sono sempre stata compagnona, caciarona, la mia voce è sempre stata altina, così come la mia presenza chiassosa ed ingombrante, nonostante le spallucce piccole. Beh, il viaggio a Liberec e Praga mi ha fatto respirare profumo di vita, di libertà. Mia nonna Maria, quando ero piccola, mi insegnava sempre che nella vita bisogna sempre ridere e cantare. Cara Miuta, direi che puoi stare contenta insieme a Mariute, lassù. Credo che a forza di ridere mi sono tolta dieci anni di vita. E forse, dovrò iniziare a preoccuparmi….
La mia mente vorrebbe cancellare che in Repubblica Ceca si sono infranti i sogni Europei. Ancora una volta ed impietosamente. Noi ci credevamo, ci credevamo davvero. La gioia si è oscurata al fischio dell’arbitro che ha decretato la fine delle nostre mai dome speranze. Non siamo riusciti. E il mio pensiero va a tutti i trecento partiti non in gita, ma con la convinzione di farcela. Il mio pensiero va al mio Mister Francesco, dignitoso come sempre, uscito dopo pochi minuti a salutare tutti. L’essenza dello sport è saper ammettere di aver perso meritatamente anche se non è facile accettarlo. Guido in mezzo al campo si è messo sulla graticola ma ha ricevuto solo applausi e il coro “Francesco Guidolin, là, là, là”. Era il nostro abbraccio Mister. Tornando in Friuli solo sabato mi sono risparmiata tante parole di critica vomitate su pagine, siti e schermi. Meglio così, mi sono risparmiata un po’ di mal di pancia. Però mi sono giunte le voci del saluto di Giovanni Pasquale e di Andrea Coda e ho sentito un po’ più di freddo addosso. Non buttiamo via l’anima, Udinese.
Ieri sembrava una notte di maggio. Finalmente allo stadio, a casa nostra nel giorno della 150 partita in bianconero del Mister. E’ stato bello rientrare allo stadio anche se da un’altra parte e vedere la partita da un’altra prospettiva. Abbiamo cambiato anche i posti ma non la nostra voglia di ridere e di vincere. E vittoria è stata. Netta, bella, lineare come un fuoco d’artificio che solca il nero della notte. Sono felice per Heurtaux, in rete, per Badu, ieri l’arma in più e per il frizzante mago Maicosuel. Non sono molto contenta invece di un tifo spezzato, separato da barriere di tessere e di mentalità. Ci stanno portando via il calcio, lo sport più bello, la nostra vita.
Bella l’erba nuova del Friuli, fredda l’atmosfera sugli spalti. Avrei voluto salutare l’inizio di campionato in modo diverso. Avrei voluto più calore anche per il nostro allenatore. Il mio cuore rosso era davvero troppo piccolo. A fine partita il solito terzo tempo ha fatto incontrare tifosi di diverse latitudini: dal Brasile, dalla Campania, dalla Basilicata con la sciarpa bianconera. E’ questa la ragione per cui amo l’Udinese. E’ questa la ragione per cui dobbiamo considerarla Patrimonio dell’Umanità. Perché lega, unisce i cuori, inorgoglisce. Ma per favore, non perdiamo il calore e l’anima e alziamo tutti insieme i cuori. Sarà un bel campionato. Forza Udinese, grazie di esistere. Ti dedico tutto: le delusioni, le speranze, la gioia, l’orgoglio. – See more at: http://udineseclub.net/index.php?option=com_content&task=view&id=1944&Itemid=23#sthash.jew7Z67X.dpuf