Diciotto anni da nemmeno un mese. Io a quell’età pensavo alla lista delle cose da mettere in valigia per l’imminente gita scolastica o a studiare Kant per l’interrogazione di filosofia. Al massimo facevo la fila in farmacia per comprare le pastiglie per la pressione alla nonna.
Simone Scuffet ha diciotto anni nemmeno da un mese e ha fatto una scelta importante, andando controcorrente e scegliendo con il cuore di un appena maggiorenne ragazzo di Remanzacco, provincia di Udine. Ha rinunciato a saltare dal trampolino della consacrazione preferendo l’Udinese all’Atletico Madrid vincitore della Liga . Tutt’Italia parla del “gran rifiuto” del gioiellino friulano predestinato a bissare la carriera di Buffon. Troppe le somiglianze fra i due numero uno: il debutto in A ancora minorenne, il muro eretto a difesa della porta che moltissime volte ha fatto gridare al miracolo fin dalle prime parate, una sicurezza da veterano sposata ad un’irreale serietà e modestia.
Anche ieri Simone si è lasciato andare a pochi sorrisi spensierati tipici della sua età e in una conferenza stampa voluta dalla società per chiarire la vicenda e dare tranquillità al ragazzo, sorretto dal Ds Cristiano Giaretta alla sua sinistra, ha spiegato i motivi di una decisione eclatante che ha mosso i media dell’intero stivale calciofilo. “Di fronte a un interessamento importante bisogna pensarci bene, ma in questo momento sono convinto che Udine sia per me ora il posto giusto in cui crescere e formarmi professionalmente. Mi sono confrontato prima con la società, che mi ha comunicato l’interesse, con il mio procuratore e la mia famiglia”, mai con i compagni, perché ne sono rimasti fuori. Ho ascoltato anche i miei genitori, mi sembra una cosa normale ma la scelta è stata mia”, ha concluso.
Simone come Totò dunque. I tifosi si erano mossi con un sollevamento popolare che forse è stato decisivo. E ora lo adorano perché rappresenta il simbolo del Friuli da salvaguardare. Scelta di vita, scelta d’amore per la maglia.
Una scelta di una persona normale con delle priorità: perché a 18 anni forse è più importante finire gli studi e dedicarsi poi completamente al mondo del professionismo. Una scelta normale in un piccolo angolo di mondo che si chiama Friuli dove a volte la vita scorre più lenta che da altre parti. Una scelta normale per una famiglia di persone normali, anzi straordinarie proprio perché le trovi a fare la spesa nella latteria del paese o le vedi alzarsi presto per andare al lavoro.
Ciò che stupisce è l’incredulità, il senso di straniamento di un mondo spalancato sull’immediatezza, sul “vuoi vincere facile”, sul “tutto e subito” amplificato dalla rete e dai social di fronte a questa presa di posizione. Ecco perché Scuffet è diventato l’emblema di uno sport che ha ancora qualcosa di umano, che respinge un’offerta da far girar la testa come una cannonata dai trenta metri. Con nonchalance, scrollandosi di dosso la terra e rialzandosi in fretta.
Per qualcuno è uno spot per un’auspicabile rinascita del nostro calcio nazionale basato sulla freschezza dei giovani e non sulle poltrone che, recentemente, sono state ricoperte di macerie di un mondo in decadenza.
Ogni scelta è un bivio. E’stato sicuramente un momento tosto, di quelli che può metter in crisi un adulto, figuriamoci un giovane diciottenne. Ne ha piena consapevolezza, lo si sente dalle sue parole: “ Tutte queste attenzioni ti cambiano le abitudini ma mi ci devo abituare. Ma se diventano troppo ossessive possono anche danneggiare”. Qui sì, qui si sente la sua maturità e anche il peso del tanto crescere così repentinamente. C’è bisogno di tranquillità ora.
Magari Simone adesso studierà le lingue con maggior attenzione, anche lo spagnolo, chissà. Il futuro è suo. Però Simone, se puoi, cerca di non diventare grande troppo in fretta!
Vai Scuff, a chei de barete nesun ai pete!
Biancamaria Gonano – 22.07.2014